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Channel: rosario – il blog di Costanza Miriano
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Pocket coffee e cavallette

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di Costanza Miriano

Sabato con il mio solito astuto tempismo e con la sagacia strategica che da sempre mi caratterizza mi è venuta voglia di fare una corsetta tonificante nel luogo e nel tempo probabilmente al momento meno opportuni del pianeta, se si esclude forse la Somalia. Non avevo, infatti, esattamente realizzato che in quel momento il mio quartiere veniva devastato – sono giornalista per errore e non sto mai sulla notizia –, e mi sono trovata a respirare a pieni polmoni i miasmi delle auto bruciate e le sgassate dei mezzi di Polizia, visto che abitiamo a san Giovanni (quando una parte del corteo, quella pacifica, è passata sotto casa, mio figlio è uscito in giardino a vedere col casco, un coperchio di latta come scudo e il fucile a pallini: il pericolo è il suo mestiere).

Sono bastate però tre o quattro colonne di fumo nero, le sirene e gli elicotteri sulla testa perché afferrassi al volo la situazione: non ci sfugge niente, a me e alle vecchine che facevano la passeggiata dopo pranzo sotto braccio alla badante, e sollevavano la testa bianca verso il cielo scuro di fumo, la bocca aperta piena di stupore.

E’ stato allora che ho visto tanta gente che scappava via dalla guerriglia, famiglie, persone all’apparenza civili e per bene, seppure con una deplorevole tendenza a marsupio, zainetto e abbigliamento comodo da gita. Così mi sono messa a ragionare sulle ragioni della protesta, e sul perché non ci fossi andata.

Ora, non mi azzardo a fare un’analisi della situazione politico economica perché conosco i miei limiti: credo solo di avere capito che cambiare il sistema di produzione della ricchezza nel quale siamo dentro tutti non sia nel potere dei governi, e forse in parte neanche più delle istituzioni monetarie sovranazionali, poiché ormai le fila più importanti dell’economia stanno nelle mani di grandi gruppi di potere che se ne infischiano delle sassaiole lanciate sabato contro incolpevoli poliziotti, carabinieri e finanzieri con le mani legate dal nostro sistema giuridico.

E quando la soluzione del problema non sta nelle nostre mani, che si fa? Io personalmente se non ho il potere di fare una cosa mi rivolgo a un potere sovra, sovra, sovranazionale: vado direttamente da Dio, anzi, passo dalla sua Segretaria, che sono sicura accelererà la mia pratica (sono raccomandata).

Se noi ci credessimo veramente, scopriremmo che abbiamo tra le mani una potentissima “arma fine di mondo”, come dice l’ambasciatore sovietico del dottor Stranamore: basta far deflagrare milioni di rosari e digiuni insieme perché Dio cambi in un soffio il corso della storia. La preghiera e il digiuno, ha detto la Madonna ovunque è apparsa, fermano anche le guerre, smuovono le montagne, cambiano il corso della storia (una delle cose che più mi piacerebbe fare se, per caso, un giorno, dopo tutta l’attesa che sarà necessaria, riuscissi di straforo a infilarmi in paradiso, sarebbe conoscere le persone che davvero hanno cambiato i destini dell’umanità, con i digiuni segreti, le preghiere costanti, magari da letti di ospedale, da ospizi, attaccati a una macchina per respirare, offrendosi tutti per salvarci). Il problema è che non ci crediamo davvero, fino in fondo; padre Pio diceva che se sapessimo che fiume di grazie ci si riversa addosso durante l’eucaristia staremmo tutto il giorno in ginocchio a prender messe.

Il digiuno, per esempio. Ecco, parliamone. Non sono molti i sacerdoti che lo chiedono ai fedeli, eppure è nella tradizione della Chiesa, non è mica una cosa da fanatici di Medjugorje. Lì infatti la Madonna chiede di farlo il mercoledì e il venerdì, a pane e acqua. Una volta ho letto un’intervista a una delle veggenti che diceva che i pellegrini hanno delle caratteristiche nazionali. Gli Americani chiedono se la Madonna parli nei messaggi del loro grande paese, gli Italiani invece rimangono sempre molto scossi dalla richiesta della rinuncia al cibo. E’ vero, ci scuote. Ma, come direbbe Veltroni, si può fare.

Medjugorje o no – siamo in rispettosa attesa di quello che dirà la Chiesa – il digiuno è uno strumento potente di ascesi e supplica. Come il sacrificio della croce non si può spiegare razionalmente, è un mistero, appunto, ma come la croce produce frutti miracolosi.

Io personalmente lo posso testimoniare: funziona. Fa progredire nel cammino e strappa grazie, anche se io sono una digiunatrice davvero schiappa, e ne sperimento versioni sempre nuove, sulle quali attendiamo ancora un pronunciamento ufficiale della Cei: sarà valida la versione a cavallette e pocket coffee? E quella che comincia col fuso di Los Angeles e finisce con quello di Nuova Delhi (la Madonna dice da mezzanotte a mezzanotte, ma non ha mica specificato di quale luogo)?

Eppure nessun sacrificio, anche quelli fatti barando perché una è schiappa (Dio vedrà anche dentro l’ascensore? Anche se faccio svelta a masticare come al liceo quando pasteggiavo a torta al formaggio durante l’ora di greco sotto al banco? Sempre sempre?), nessuno va perduto, e manca di produrre un frutto centuplo quaggiù, come promette il Vangelo.

Se Dio ce lo chiede è sempre per darci una grazia più grande, che supera persino quello che possiamo chiedergli, perché non turba mai la nostra gioia se non per darcene una più bella.

Vorrei esserne convinta, e passare avanti con uno sguardo sprezzante verso quella pizza farcita di polpo e pomodorini, vorrei snobbare il maritozzo alla panna che mai mi era sembrato così in forma, vorrei signorilmente girarmi dall’altra parte quando vedo i canestrelli biellesi di Luisa, un’ipocrisia di biscotto intorno a una lastra di cioccolato dal peso specifico pari al tungsteno. E probabilmente se non fossi così schiappa ci riuscirei benissimo.

Se voi ci riuscite, mi mettete per favore nelle vostre intenzioni? Non sarebbero proprio punti miei, ma quasi. Un po’ come mettere i punti del Conad sul conto millemiglia Alitalia: non è proprio la stessa cosa ma forse un biglietto per il paradiso in economy class ce la faccio lo stesso a prenderlo.


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